Fare affari coi goyim

Dal ghetto al commercio internazionale

due banchieri del passato intenti a contare le monete

Il ceto mercantile, nato in Europa già nel 1100, a partire dal 1500 divenne la classe sociale più potente, quando poche ma importantissime famiglie di mercanti ebrei riuscirono ad ampliare i loro affari fino a trasformarsi in banchieri con filiali in tre continenti. Grazie alla loro enorme influenza economica, tali famiglie riuscirono a introdursi negli ambienti della politica, giungendo a dominare l’intero corso degli eventi fino a oggi. Stiamo parlando delle famiglie di banchieri più importanti della storia: i Fuegger, i Warburg, i Marburg e naturalmente i Rotschild.

 

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Economia e religione: il fallimento dei banchi medievali

Alla fine del Rinascimento il ceto mercantile, composto dai nuovi arricchiti, non viveva più “all’ombra della croce e della spada” come l’antica nobiltà feudale era vissuta all’ombra dell’imperatore, a sua volta legittimato dal papa.

I mercanti e i banchieri del 1400 erano in un certo senso dei “selfmade men”, la cui influenza politica derivava dall’indipendenza economica e dalla nuova etica mercantile del profitto, che nell’ottica di Santa Madre Chiesa andava ancora arginata, infatti la proibizione per i cristiani di prestare soldi in cambio d’interesse era stata in vigore per tutto il Medioevo e veniva ancora invocata nelle invettive dei frati mendicanti del 1500.[1]

Gli Ebrei pertanto continuavano a essere gli unici soggetti sociali legalmente “autorizzati” a prestare a usura, pertanto gli ordini mendicanti s’impegnarono ancora di più nella realizzazione del loro programma antigiudaico.

Essi infatti chiesero e ottennero che in ogni città in cui predicavano fossero introdotti forti impedimenti all’attività degli Ebrei, fino a limitarne la libertà di movimento e insediamento con la creazione dei ghetti.

Tali richieste erano motivate non solo da istanze religiose (a quell’epoca, infatti, la Chiesa li condannava ancora come popolo deicida in sé), ma anche da preoccupazioni sociali, infatti gli ebrei mantenevano e proteggevano i loro usi e costumi da millenni, e quasi sempre erano loro stessi a non volersi integrare coi “gentili”, che anzi spesso chiamavano dispregiativamente goyim, gli altri.

Ciò contribuì a fomentare ulteriormente le ostilità contro le comunità ebraiche, che si concretizzarono in tutta l’Europa nei pogrom, vere e proprie incursioni nei ghetti dei “non battezzati”, che venivano scacciati o uccisi.

I pogrom più violenti si verificarono nelle campagne del Nord Europa e molte comunità ebraiche grandi e piccole furono costrette a fuggire per salvarsi. Molti di loro si trasferirono perciò nei maggiori centri finanziari francesi, tedeschi e italiani, dove i commerci internazionali stavano diventando sempre più imponenti e dove numerosi banchi erano falliti a causa dell’insolvenza degli stati di cui erano creditori.

Infatti varie banche fiorentine, tra cui quella dei Bardi, dei Peruzzi e degli Acciaiuoli, [2] avevano prestato ingenti somme ai re di Francia, d’Inghilterra e di Napoli, ricevendone in cambio il controllo sulla relativa politica economica nazionale.

Per esempio, a saldo parziale dei capitali prestati al re d’Inghilterra durante la Guerra del Cent’anni, la compagnia dei Bardi aveva acquisito anche il controllo del mercato della lana inglese, cruciale per l’arte della lana che si svolgeva a Firenze.

Nel frattempo, Venezia invece, aveva conquistato l’arbitraggio sulla differenza tra il prezzo dell’oro e dell’argento. Tra il 1325 e il 1345 il prezzo dell’oro crolla mentre quello dell’argento sale.

Venezia ne ha moltissimo, a differenza del re Edoardo III d’Inghilterra, che invece ha già speso tutto il capitale preso a prestito dai Bardi e dai Peruzzi per armarsi contro la Francia. Nel 1343 perciò il sovrano rifiuta di saldare il debito, costringendo così i Bardi e i Peruzzi a dichiarare bancarotta. Sulla scia di questi crolli fallirono anche altre importanti compagnie, innescando un processo a catena che sconvolse l’economia europea e ridusse sensibilmente la circolazione dei contanti.


Dal ghetto al commercio internazionale

Tale mancanza di liquidità rischiava di danneggiare seriamente l’economia dei comuni, dei ducati e dei regni della penisola italica, pertanto molti ebrei furono richiamati nei maggiori centri economici europei, a partire proprio da Venezia, dove nel 1516 venne istituito il primo ghetto, in cui operavano gli usurai ebrei che continuarono a prestare a interesse alle persone di religione non ebraica.

La finanza ebraica si sviluppò tanto da rendersi essenziale per la sopravvivenza stessa della Repubblica di Venezia. Infatti, i banchi nel Ghetto, tra cui il rosso il verde e il nero, sopravvissero fino alla caduta dello stato veneziano, nel 1797.

Il Banco Rosso, che secondo alcuni storici fu uno dei primi banchi di pegni ebraici al mondo, si trova ancora oggi in campo del Ghetto Novo. Il suo nome deriva dal colore della ricevuta rilasciata ai clienti quando depositavano un pegno e pare che l' espressione “andare in rosso” derivi proprio da questo banco di pegni.

A Venezia operava anche il banchiere ebraico Anselmo del Banco, che diede origine poi alla famiglia Warburg, la quale creò poi il Federal Reserve System, l’odierna banca “centrale” statunitense. [3]

Così per favorire la circolazione del denaro all’intero delle proprie mura, molti altri centri commerciali italiani ed europei invitarono gli ebrei scacciati dal nord Europa ad aprire nuovi banchi in città.

Perfino gli imperatori del Sacro Romano Impero (Germanico) Massimiliano I e Carlo V ricorsero ai prestiti della famiglia Fuegger di Augusta, che aveva letteralmente estratto la propria fortuna dalle miniere d’argento del Tirolo, con cui venivano poi coniati fiorini, talleri e marchi. Inoltre i Fugger controllavano la produzione europea di piombo, rame e mercurio e con la protezione degli Asburgo poterono aprire sedi in varie città dell’impero (Innsbruck, Vienna, Budapest, Breslavia, Anversa, Milano, Madrid e Siviglia) e persino fuori dei domini asburgici (a Salisburgo, Norimberga, Lipsia, Francoforte, Colonia, Danzica, Cracovia, Londra, Roma, Venezia, Lisbona). [4]


Dall’Impero Germanico alle corti tedesche: cent’anni di assestamenti 

Dal punto di vista politico, la situazione nel Nord Europa era simile a quella italiana: se nella penisola dominavano le città e i comuni, in Germania il crollo della casata di Svevia aveva dato origine a moltissime minuscole corti, che avrebbero trasformato in pochi decenni l’economia del territorio.

Se infatti fino all’inizio del 1500 sui paesi d’oltralpe (e su molti altri) si estendeva il Sacro Romano Impero, fondato nell’800 da Carlo Magno, dopo la metà del secolo la situazione cambiò. Infatti l’imperatore Carlo V poteva ancora dire che “sul suo impero non tramontava mai il sole”, essendo per diritto dinastico sia imperatore di Germania che re di Spagna (il cui territorio includeva anche le colonie sudamericane); ma alla sua morte, nel 1556, i domini vennero divisi tra il figlio Filippo II, che ereditò l’impero spagnolo, e il fratello Ferdinando I, al quale furono assegnate le terre del Nord Europa.

In questi territori risiedeva da secoli una nobiltà agguerrita che tra le sue fila annoverava anche i cosiddetti “principi elettori”, tra i quali veniva scelto l’imperatore. [5] Se questa figura politica all’inizio era selezionata “tra i migliori”, col passare dei secoli l’elezione non seguì più necessariamente questa buona norma perché il voto poteva essere comprato e molti principi s’indebitarono coi banchieri per compare la maggioranza o perfino la totalità dei voti.

Fu così che, in seguito a infinite guerre, divisioni ereditarie e annessioni per vie matrimoniali, alla fine del 1500 ai principi elettori si era aggiunta una schiera di nobili più o meno potenti, ognuno con la propria corte, per quanto minuscola.

A partire dall’inizio del 1600 le tensioni scatenate dalla lotta per il potere sfociarono nella Guerra dei Trent’anni, che devastò il Nord Europa dal 1618 al 1648. Al termine del conflitto, come sempre accade,  quel territorio sterminato doveva essere interamente ricostruito e i principi tedeschi chiamarono a corte quegli stessi commercianti ebrei che dalla fine del 1400 erano stati scacciati da molte città italiane.

Bisogna notare infatti che in Italia, nonostante gli ordini mendicanti e le restrizioni imposte dalle amministrazioni politiche, molte città rimasero comunque favorevoli alle comunità ebraiche. Ferrara per esempio divenne una sorta di “protettorato” grazie alla politica dei duchi d'Este, che nel 1492 avevano accolto i “marrani” (come venivano chiamati dispregiativamente gli ebrei spagnoli), nel 1498 gli ebrei portoghesi e infine nel 1530 quelli tedeschi, arricchendo così il ducato di sinagoghe, centri di studio e botteghe di stampatori, medici e mercanti.

Sorprendentemente una folta comunità ebraica fu sempre presente anche nello Stato della Chiesa, anche quando altrove imperversavano i pogrom, perché i migliori medici erano giudei. Malgrado i pogrom e i ghetti, gli ebrei erano quindi ancora largamente diffusi in Europa e i principi dei piccoli regni tedeschi fecero a gara per assicurarsi la loro presenza a corte.


Gli ebrei di corte

I mercanti-banchieri ebrei che aiutarono i regnanti tedeschi a ricostruire e modernizzare i loro stati si dedicarono innanzitutto a ristrutturare l’amministrazione fiscale: nacque così la figura dello Hofjude, l’“ebreo di corte”.

Anche grazie alla loro presenza e al loro operato in Germania, si diffuse la nuova dottrina economica del mercantilismo, che assegnava agli Stati la guida dell’economia e sosteneva che, per avere più potere economico, una nazione doveva far sì che le merci esportate fossero più di quelle importate.

In quel contesto gli ebrei sefarditi, diffusi nel Nord Europa si dedicarono al commercio marittimo e coloniale, mentre gli ebrei askenaziti, (6) insediatisi in Germania e Polonia, si dedicarono al commercio locale e divennero ebrei di corte.

Essi operarono in qualità di consulenti finanziari, ministri delle finanze, banchieri di stato, gestori della zecca ed esattori delle imposte, il che acuì l’antipatia già diffusa nei loro confronti. Infatti, oltre a occuparsi della burocrazia statale, queste figure miste di banchieri, consiglieri e mercanti erano diventate essenziali soprattutto perché rifornivano anche l’esercito di armi e la corte di lussi d’ogni tipo.

Il loro status era quindi divenuto pari a quello nobiliare ed erano arrivati ad accumulare tantissimi privilegi rispetto agli altri mercanti ebrei e cristiani e agli altri ministri. Per esempio non erano costretti a indossare l’abbigliamento prescritto agli altri ebrei; potevano risiedere e acquistare casa ovunque il principe avesse la corte, potevano macellare secondo le regole kosher e mantenere un rabbino.

Agli ebrei di corte era concesso fare affari sia all’ingrosso che al minuto e pagavano le stesse tasse imposte ai mercanti cristiani, laddove ai mercanti ebrei esterni alla corte venivano imposti dazi molto più alti.

Per tutti questi privilegi gli ebrei di corte venivano spesso denunciati dai loro colleghi; il loro status suscitava tra i popolani e i cortigiani un vero e proprio odio. In tal senso è noto il caso di Joseph Oppenheimer, ebreo di Colonia che divenne consigliere del duca del Wurttemberg e che dopo la morte del suo protettore fini sul patibolo


Le nuove famiglie di banchieri

Caratteristica comune ai banchieri ebrei ma anche cristiani del tempo era il carattere familiare dell’impresa, che veniva rafforzata da frequenti alleanze matrimoniali, utili per creare sia reti commerciali ed economiche che relazioni fra le diverse comunità ebraiche.

Alcuni ebrei alla corte degli Asburgo di Vienna provenivano dalla Repubblica di Venezia, come Mosé e Giuseppe Morpurgo (italianizzazione di Marburg), mentre i Mendelsohn, che erano di Berlino, divennero una delle famiglie di banchieri ebrei più potenti della Germania.

La famiglia Warburg veniva invece da Venezia, dove in origine si chiamava Del Banco. Anselmo del Banco era infatti uno dei più ricchi abitanti di Venezia, che nel 1513 era stato autorizzato dal Governo della Repubblica Serenissima a prestare denaro su interesse. La famiglia Del Banco aveva lasciato Venezia quando, per accontentare i potenti ordini mendicanti, erano stati introdotti i divieti d’insediamento e commercio per gli Ebrei, in ragione dei quali fu istituito il Ghetto.

La famiglia Del Banco si stabilì quindi prima a Bologna e poi in Germania, nella città di Warburg, da cui mutuò il nuovo cognome.

Tra il 1700 e il 1800 emersero molte altre dinastie di banchieri ebrei: in Inghilterra la famiglia Baring fondò la propria banca nel 1762, mentre John Pierpont Morgan, Anthony Joseph Drexel e George Peabody istituirono le proprie banche private negli Stati Uniti per “aiutare” il paese nella ricostruzione alla fine della Guerra di Secessione. [7] Ciò conferma per altro la tesi del già citato David Graeber, secondo il quale la moneta è legata al potere e alle guerre.

Nell’Ottocento divennero importanti altre famiglie ebraiche come i Lazard o gli Stern, ma l’esempio più celebre di “ebreo di corte” resta Mayer Amschel Rothschild, il quale dopo essere stato al servizio del langravio d’Assia Kassel fondò la dinastia Rotschild, che divenne poi la più grande casa bancaria del 1800

Al suo apice la famiglia Rothschild, di stirpe askenazita, possedeva il più grande patrimonio privato del mondo. Nel 1816 cinque linee del ramo austriaco della dinastia furono elevate alla nobiltà mentre una linea del ramo inglese fu elevata alla nobiltà britannica dalla stessa regina Vittoria. Originariamente però la famiglia si chiamava Bauer e si “ribattezzò” Rothschild nel 1735, prendendo il nome, che significa “scudo rosso”, dall’insegna dell’attività di famiglia.

Uno dei capostipiti, Amschel Moses Rothschild aveva operato come cambiavalute facendo affari anche col principe d’Assia. Suo figlio Mayer Amschel, nato nel ghetto di Francoforte, riuscì a concepire e sviluppare un impero finanziario che protesse e diffuse installando ognuno dei suoi figli nei cinque principali centri finanziari e affaristici europei: Francoforte, Londra, Parigi, Vienna e Napoli.

A differenza dei banchieri ebrei che nei secoli precedenti avevano finanziato e dominato le casate nobiliari d’Europa, ma che avevano perso la loro ricchezza al primo rimpasto politico, l’impero bancario creato dai Rothschild era inattaccabile: i beni di famiglia infatti circolavano in tutto il mondo sotto forma di azioni, obbligazioni e debiti, non potevano quindi essere toccati perché nessuno sapeva dove si trovavano in un determinato momento.

Il patrimonio si mantenne anche grazie ai matrimoni combinati tra cugini di primo e secondo grado, come accadeva tra la nobiltà. Dalla fine del XIX secolo però quasi tutti i membri iniziarono a sposarsi fuori dalla famiglia, principalmente nell’aristocrazia o in altre dinastie finanziarie.

Altra mossa strategica che permise a Mayer Amschel Rothschild di costruire il suo impero fu la decisione di mantenere il controllo delle banche all’interno della famiglia, di cui veniva ampliato anche e soprattutto il lato femminile. Ciò garantiva alla dinastia una segretezza completa circa le vere dimensioni delle loro fortune, dato che molte di esse erano intestate ai mariti delle eredi, e non potevano quindi essere ricondotte al cognome di famiglia.

A tal riguardo, nel 1906 la Jewish Encyclopedia notava: “La pratica avviata da Rothschild di avere più fratelli in un’impresa e di istituire filiali in diversi centri finanziari è stata seguita da altri finanzieri ebrei, come i Bischoffsheims, i Pereire, i Seligmans, i Lazards e altri, che con la loro integrità e capacità finanziaria ottenevano credito non solo presso i loro confratelli ebrei, ma nella fraternità bancaria in generale.

In tal modo, i finanzieri ebrei ottennero una quota crescente della finanza internazionale durante il secondo e ultimo quarto del diciannovesimo secolo. La guida del gruppo è stata la famiglia Rothschild”. [8]

Il patrimonio dei Rothschild era enorme già prima dell’inizio delle guerre napoleoniche (1803–1815). La famiglia sostenne gli sforzi bellici finanziando entrambe le parti e agiva coordinandosi nelle varie filiali e su tutto il continente grazie a una fittissima rete di agenti, spedizionieri e corrieri che aveva sviluppato proprio per gestire in modo diretto il trasporto dell’oro attraverso l’Europa, distrutta dalla guerra.

La rete forniva inoltre alla famiglia importantissime informazioni politiche e finanziarie in anticipo sugli altri banchieri, che garantivano alla dinastia un vantaggio nei mercati. Chissà che piega avrebbero preso gli eventi se a dominare tale sistema fosse stata una famiglia con un patronimico più “mediterraneo” ?

Se vuoi scoprire altri aneddoti legati alla storia delle banche, resta connesso.

 Stella Picarò



[1] La Chiesa ha sempre condannato l’usura, ma ha anche fatto sempre molte eccezioni.

Un primo caso fu durante le crociate, quando alcuni teologi sostennero la liceità del prestito a interesse ai musulmani, benché questi avrebbero potuto usare il denaro contro gli interessi dei cristiani. Tra i canonisti religiosi, chi affrontava l’argomento dal punto di vista etico equiparava ogni forma di usura al furto (l’usura infatti si manifestava non solo come prestito di denaro a interessi esorbitanti, ma anche nell’accaparramento di cereali o vino in previsione di una carestia per poi rivendere le merci a prezzi altissimi). Altri ecclesiastici invece ritenevano lecito prestare su interesse agli stranieri, agli infedeli, ai nemici di guerra e, sorprendentemente, anche alla chiesa romana.

[2] Tutte con ramificazioni in tutta Europa: la Compagnia de’ Bardi aveva filiali a Barcellona, Siviglia, Maiorca, Parigi, Avignone, Nizza, Marsiglia, Londra, Bruges, Costantinopoli, Rodi, Cipro e Gerusalemme.

[3] La quale però non è né “Federal”, essendo costituita in realtà da enti di diritto privato, né “Reserve” essendo stato eliminato l’ancoraggio della valuta all’oro.

[4] Cfr. F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo, Einaudi, 1982.

[5] Il Sacro Romano Impero era infatti una monarchia elettiva, così come lo erano stati gli Stati romano-germanici sorti dopo il crollo dell’Impero Romano, in continuità con gli usi delle antecedenti tribù germaniche, che avevano occupato quegli stessi territori un millennio prima e nelle quali il capo veniva scelto democraticamente tra i migliori.

[6] La parola “ashkenazi” nella Bibbia indica una nazione discendente da Iafet, stanziata a nord della Siria, identificata nel Medioevo con la Germania. Gli ashkenaziti sono quindi quegli ebrei che dopo la diaspora si stabilirono nell’Europa centrale e dell’est, mentre i sefarditi (termine che in ebraico significa “Spagna”) sono gli ebrei che nel 1492 furono cacciati dalla Spagna e si stabilirono principalmente nell’Africa settentrionale e a Ferrara, come si è visto.

[7] Cfr. Atlante storico del mondo ebraico, Zanichelli, 1995.

[8] Jewish Encyclopedia, 1906, voce: Finanza.

FOTO : fotoritocco di Cecilia del quadro “Gli esattori” di Qwinten Matsijs, (pittore fiammingo, 1466-1530) fondatore della “Scuola di Anversa”

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Il banchiere in fiera